Joker diretto da Todd Phillip (2019)
Mentre guardavo, sullo schermo, la costruzione nera, capovolta di un clown (la risata che gli piaga il corpo e lo soffoca, la corsa scoordinata ma caratteristica, con le braccia che roteano e la testa all'indietro, il tic delle gambe che tremano, che spinge le mani a fermarle) ho pensato che fossimo chiamati a scivolare con il protagonista in una tragica discesa agli inferi. L’inarrestabile spegnersi di ogni luce. Eccetto quelle del delirio allucinatorio. I l susseguirsi dei colpi che la vita riserva ad Arthur, anziché offuscarla o blandirla, acuiscono l’acido della scortesia spicciola, comune, dell’indifferenza quotidiana, dell’assenza di empatia. Arthur si arrabbia davvero e urla la sua impotenza davanti alla mancanza di gentilezza, per il fatto di non essere visto, né ascoltato. Lui che immagina carezze e presenze, e si lascia danzare, con questo corpo dove ogni gesto che non sia quello spezzato della marionetta, esprime il dolore di un ricongiungimento impossibile. La violenza