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Dogman di Matteo Garrone

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Il ringhio feroce e spaventato di un pitbull bianco, ancorato al muro da una grossa catena che gli cinge il collo. Intorno un uomo esile, con enormi occhi miti, saltella cercando di ammansirlo, di avvicinarlo, blandirlo con biscotti e parole di dolcezza. È la prima scena di Dogman, il film di Matteo Garrone, che anticipa il momento in cui Marcello (Marcello Fonte)  si vendica di tutte le angherie subite, uccidendo il suo persecutore, Simone (Edoardo Pesce). E’ un film duro, Dogman, senza concessioni. Va dritto per la sua strada e non ti ammicca. Ma manco un po’. Si, Marcello è un uomo quieto, fisicamente minuto. Ha questa voce da paperino, divide la cena con il suo cane e adora la sua bambina con cui fa affettuose immersioni a guardare il nulla sommerso, lo stesso nulla, popolato da relitti, che c’è nel paesaggio fuori, con poche altalene e un drago grigio che fissa ebete davanti a sé, locomotiva di un trenino abbandonato sul binario a ellisse. L’unica bellezza di quelle immersi