Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta Cinema

Joker diretto da Todd Phillip (2019)

Immagine
Mentre guardavo, sullo schermo, la costruzione nera, capovolta di un clown (la risata che gli piaga il corpo e lo soffoca, la corsa scoordinata ma caratteristica, con le braccia che roteano e la testa all'indietro, il tic delle gambe che tremano, che spinge le mani a fermarle) ho pensato che fossimo chiamati a scivolare con il protagonista in una tragica discesa agli inferi. L’inarrestabile spegnersi di ogni luce. Eccetto quelle del delirio allucinatorio. I l susseguirsi dei colpi che la vita riserva ad Arthur, anziché offuscarla o blandirla, acuiscono l’acido della scortesia spicciola, comune, dell’indifferenza quotidiana, dell’assenza di empatia. Arthur si arrabbia davvero e urla la sua impotenza davanti alla mancanza di gentilezza, per il fatto di non essere visto, né ascoltato. Lui che immagina carezze e presenze, e si lascia danzare, con questo corpo dove ogni gesto che non sia quello spezzato della marionetta, esprime il dolore di un ricongiungimento impossibile. La violenza

La Favorita di Yorgos Lanthimos (2018)

Immagine
La favorita è un film ricco, magnifico, sontuoso, immaginifico. La colonna sonora è una specie di laccio ipnotico che ti accompagna in una storia che è una storia del potere (quello maschile per eccellenza) rivisto attraverso tre donne protagoniste.  Gli uomini hanno ruoli di secondo piano e la loro dignità viene messa in ridicolo, oltre che dalle parrucche esagerate, da simpatici giochi di società che deformano le facce nello slow motion. Invece l’entrata in scena delle donne viene spesso anticipata o accompagnata dall’uso del grandangolo che rotondeggia su saloni regali, edifici istituzionali o un bosco che è quello delle fiabe. Ecco. Scelte tecniche abbastanza inedite, almeno per me, che in qualche modo, che non so dire, sento voler spingere verso un cambio di sguardo che supera le definizioni di genere maschile e femminile. Tutto ruota intorno ad una regina triste, malata e capricciosa, con i suoi 17 conigli che alludono a quale avrebbe dovuto esser il suo ruolo di regin

Dogman di Matteo Garrone

Immagine
Il ringhio feroce e spaventato di un pitbull bianco, ancorato al muro da una grossa catena che gli cinge il collo. Intorno un uomo esile, con enormi occhi miti, saltella cercando di ammansirlo, di avvicinarlo, blandirlo con biscotti e parole di dolcezza. È la prima scena di Dogman, il film di Matteo Garrone, che anticipa il momento in cui Marcello (Marcello Fonte)  si vendica di tutte le angherie subite, uccidendo il suo persecutore, Simone (Edoardo Pesce). E’ un film duro, Dogman, senza concessioni. Va dritto per la sua strada e non ti ammicca. Ma manco un po’. Si, Marcello è un uomo quieto, fisicamente minuto. Ha questa voce da paperino, divide la cena con il suo cane e adora la sua bambina con cui fa affettuose immersioni a guardare il nulla sommerso, lo stesso nulla, popolato da relitti, che c’è nel paesaggio fuori, con poche altalene e un drago grigio che fissa ebete davanti a sé, locomotiva di un trenino abbandonato sul binario a ellisse. L’unica bellezza di quelle immersi

L'insulto di Ziad Doueiri

Immagine
Su l'Insulto, premetto che ogni nuovo film che voglia mettere voce sul conflitto mediorientale sperando di sollevarsi dal già detto è da apprezzare per l'audacia. Ma la cosa che mi ha colpito immediatamente è stato il linguaggio cinematografico. Che era il mio. Voglio dire, occidentale, americano... insomma la grammatica visiva che ci ha cresciuto a noi pasciuti al di qua della cortina di ferro e al di quà del Mediterraneo. C'è pure la sosia d i Sandra Bullock. Ho pensato ad una conseguenza del terrorismo, dell'Isis...  Quando poi la vicenda si infittisce ed il film prende le forme del "legal drama" lo spaesamento è ancora più forte. Il legal drama per me sta agli US come il tacchino del giorno del Ringraziamento e il Superbowl, un po' come la pizza, il mandolino e il melodramma stanno all'Italia.  Quindi, mi chiedevo, cosa sto guardando?  La storia, in breve, narra del litigio banale tra un palestinese immigrato ed un libanese conservatore.

Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh (2017)

Immagine
Mi è piaciuto. Per tante ragioni. Bravura degli attori. L’epica. La Musica. Tra quelle più nuove posso dire l’imprevedibilità : i cambi di tono tra i vari registri (ironico, grottesco, drammatico, violento) sono repentini e spiazzanti. Le fondamenta del film appoggiano, con scarsa stabilità, sulla polarità tra il bene e il male ma è presto chiaro che i nostri pregiudizi non ci avvicineranno alla soluzione. Il Male, quello opaco senza declinazioni, quello che stupra e brucia non lo vediamo se non sui tre manifesti. Perché forse solo li esiste, così monolitico. Anche il bene lo vediamo contaminato. Non è mai come dovrebbe essere. Però c’è. Ecco, credo di essermi portata a casa soprattutto questo. In fondo. La volontà un po’ secca di toglierci la sedia da sotto il sedere. Che non è mai piacevole di primo impatto, ma poi a me rende grata, se riconosco che è fatto con onestà.

Napoli Velata di Ferzan Ozpetek (2017)

Immagine
E con questo film faccio pace con Ozpetek. Per una volta non ho pensato che dietro la cinepresa ci fosse l’imitatore (meno visionario) di Almodovar. Merito sicuramente di una Napoli superbamente bella in cui la telecamera sembra volersi immergere fino al dettaglio dello scalino di marmo o dentro l’utero velato della farmacia degli incurabili; protagonista delle feste - con le voci fuori campo - delle assenze, e della storia. In più questa volta Ferzan guarda le donne e ne guarda tante: dalle arpie fumettose (Isabella Ferrari e Lina Sastri), alla dolente zia Adele (Anna Bonaiuto) un po’ la signora dei misteri (“la gente non sopporta troppa verità”), alla splendida Catena (Luisa Ranieri) che cuce il tessuto profondo della città - tra fattucchiere, numeri della smorfia e fatalismo - alla trama della storia, la commissario Maria Pia Calzone, forse un po’ troppo ‘CSI’ per Napoli, è quella che a me è piaciuta meno. Giovanna Mezzogiorno è la (brava) coprotagonista della cit

IT Stephen King

Immagine
It è un romanzo di formazione, in cui un gruppo di ragazzini incontra il Male assoluto. Il concatenarsi perfetto degli eventi che si susseguono nel libro acquistando potenza e profondità - grazie alla magistrale scrittura di S. King - è tradotto nel film con la velocità dei colpi di scena e parecchio si perde. Ma a suo merito il film lascia intatto il richiamo a quelle primissime sensazioni di inquietudine che accompagnano l'adolescenza, il corpo che cambia, il buio delle scale della cantina in cui ti avventuri da solo, il saggiare - per tentativi -audacia e spavalderia nei primi incontri faccia a faccia con il mondo o con la propria solitudine, l'amicizia come riparo e balsamo dalle paure più totali e destabilizzanti, la famiglia che ti lasci alle spalle. Il proprio primo dolorosissimo mettersi al mondo. Ecco, il film poi ad un certo punto vira in una versione horror dei Goonies e a quel punto realizzi che S.King è già uscito da un pezzo ma ti aspetta - ogni vo

Blade Runner 2049 - Denis Villeneuve

Immagine
Cosa è vero e cosa non lo è? Cosa definisce cosa è umano da ciò che non lo è? Dove si colloca la compassione? Il posto per il manifestarsi di un miracolo è nel vero o nel non-vero? Bellissimo omaggio al Blade Runner del 1982 che per quelli che hanno la mia età è un film dell'anima. Un omaggio innamorato che, a mio modestissimo parere, gli fa il tradimento peggiore: se il primo Blade Runner è diventato parte di come la mia generazione ha potuto guardare il mondo, questo film vuole essere una conferma e non ha la stessa dirompente portata visionaria. Come molto onestamente dice Villeneuve, è la stessa paletta di colori in mano ad un altro pittore. O forse è come dice K a Rick Deckart: "Era più semplice allora."

LA PAZZA GIOIA, un film di Paolo Virzì con Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti

Immagine
E' proprio un sogno, una favola folle, di quelle da cappellaio matto, quelle che ti ricordano che assaporare il sapore pieno di una fiducia e di una libertà richiede coraggio e affetto profondo, ma non ha nulla a che fare con la sazietà armata che ti dà il controllo ossessivo sulle cose. Perché l'unica salvezza possibile,(e resto nella favola) fuori dal contratto terapeutico e dall'assunzione di farmaci per anestetizzare il dolore che ci fa impazzire, diventa la fuga. Che per queste due folli è invece una corsa avida e appassionata verso la realtà che le ha emarginate... E' un andare oltre le soluzioni igieniche e asettiche, per cercare la verità di un incontro, una verità da sbattere in faccia ai cosiddetti normali, affinché trovino la capacità di affrontare il diverso, senza subito neutralizzarlo, e permettere che trovi la sua voce, perché quello che ha da dire è importante per tutti e da questa voce può nascere una vera possibilità di riscatto.

E' SOLO LA FINE DEL MONDO di Xavier Dolan

Immagine
Non ripete il piccolo miracolo di Mommy ma, a mio parere, resta evidente la mano di un fuoriclasse. Le sue madri sono disegnate a tutto tondo e il suo modo di rappresentare la violenza in cui siamo immersi e i violenti, senza negare loro uno sguardo amorevole e mettendo in risalto la fragilità propria e di riflesso delle persone che li circondano, si fa toccante: certe immagini restano vivide a lungo, affiorano con la leggerezza e l'intensita di emozioni di lungo effetto. Poi ci sono gli attori. A cui evidentemente Dolan chiede l'oltre soglia, con risultati in generale strepitosi. Vincent Cassel è decisamente a una delle sue prove migliori che io ricordi mentre sempre a mio modesto parere, neanche Dolan riesce a scaldare la Cotillard. (Della serie: le recensioni della critica del quartierino).

Mommy di Xavier Dolan

Immagine
Credo che Mommy sia il film piu bello che ho visto negli ultimi 10 anni. Fino a stasera era uno dei tanti film che mi segno e poi mi perdo. Tragico, dolorosisimo e con una recitazione iperemotiva che mi ha fatto piangere tutte le lacrime del mondo, ma quando vieni portato a questi livelli 'fuori soglia' da una clamorosa Anne Dorval insieme ai suoi due compagni di scena e da un regista come Xavier Dolan, stupefacente in ogni scelta e in ogni taglio di luce e 'quadro' (e che da stasera diventerà oggetto delle mie ricerche in tutte le sue realizzazioni), io non riesco a provare altro che gratitudine. Per il genio e la bellezza, le uniche vere armi di salvezza di massa che contraddistinguono il genere umano.

Dallas Buyers Club' (2013)

Immagine
Loro due, Matthew McConaughey e Jared Leto, sono mostruosi. Con una misura e una precisione credibili al 1000 per 1000. Un tempo credevo che agli attori venisse naturale ma oggi me la sono fatta una vaga idea di quanto sia difficile, stare lì, in un personaggio così, senza scappare da tutte le parti. Detto questo, il film prende un'angolazione non scontata. Quel corpo smagrito urla da solo così forte che la sceneggiatura non ha bisogno di raccontarne il dramma,e può sollevare lo sguardo su cosa sono stati quegli anni. Io non so che effetto può fare un film del genere a chi oggi ha 20-25... forse anche 30 anni. Per chi è già entrato negli anta e si ricorda gli anni '85-'87, l'AIDS è stata la peste innominabile che si è portata via prima del tempo amici e conoscenti, prosciugandoli dall'interno. È stato un terrore, un incubo, un dolore, un'impotenza, un sospetto. Un'ombra. Pesantissima. E negata. Guardare questo film per me è stato dif

TIMBUKTU' - Abderrahmane Sissako

Immagine
Un film bellissimo, per la fotografia, per la luce e soprattutto per quella emozione dolente, quella di un mondo poetico che, fino alla fine, non può rassegnarsi alla ferocia. Perché è un mondo bambino, intatto. E può solo immaginare che il divieto di giocare a palla sia uno scherzo, come tutto il resto. Indimenticabile per me l'uomo che si nasconde nella casa della pazza del villaggio, per farsi abitare dalla danza. Quella di un grosso, pesante, uccello che non può più spiccare il volo....

Vizio di Forma - Paul Thomas Anderson

Immagine
E più ci penso, più mi è piaciuto... Direi che Paul Thomas Anderson se ne frega del fatto che la complessità oggi penalizzi qualsiasi cosa (e questo già mi piace). Ti racconta una storia con una folla di personaggi, ti regala un affresco gigante di un'epoca, di quella cultura americana che ci ha allattato... Ci prova almeno, no? E secondo me ci riesce egregiamente. E poi mi piace molto l'idea del vizio di forma, o vizio intrinseco. La lettura è libera. Secondo me, il vizio di forma è il dolore (o incompiutezza), imprescindibile dalla natura umana e, pertanto, inevitabile.

Dead Man - un film di Jim Jarmusch

Immagine
Che film meraviglioso!!! Certe immagini ti restano dentro e crescono con te, quanto un femore che si allunga o il torace che si allarga. sono ossa, tanto quanto... ti dimentichi di averle, fino a quando quell'immagine non ti ricapita davanti. Allora capisci che tu sei fatto di tante cose, ereditate, genetiche, familiari... ma quell 'osso lì... caspita proprio quell'osso li, tu - consapevole o no - te lo sei andato a cercare!!!