Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

Questo spettacolo mi ha "svegliato" da un torpore.
Mi sono rimaste in testa, per giorni, certe immagini, come il pensiero a raggio corto, l'importanza di dire "no", il balbettamento che ciascuno di noi sperimenta quando cerca di esprimere qualcosa che abbia un peso diverso dal vociare quotidiano, di intrufolarsi in una via illuminata della parola per parlare - veramente - di dignità.

Loro sul palco dicono che non ce l'hanno fatta a trovare delle azioni, che si sono fatti imprigionare - ancora - dalla parola e non sanno uscirne.

Però alla fine le loro parole sono adamantine, trasparenti ed insieme macigni, che ti porti appresso all'uscita.
Perchè quel peso ce l'abbiamo addosso, da non so quanto.

L'azzeramento di una dimensione sociale e politica - come quella che viviamo sia noi che ci ricordiamo ancora qualcosa di diverso, sia quelli arrivati dopo di noi che non conoscono altro - è dolorosa.
Un dolore a cui siamo assuefatti, a cui ci siamo anestetizzati.
Perchè non riusciamo più ad immaginare che possa essere diverso?



CE NE ANDIAMO PER NON DARVI ALTRE PREOCCUPAZIONI
DEFLORIAN/TAGLIARINI
Ispirato a un'immagine del romanzo di Petros Markaris "L'esattore

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