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L'insulto di Ziad Doueiri

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Su l'Insulto, premetto che ogni nuovo film che voglia mettere voce sul conflitto mediorientale sperando di sollevarsi dal già detto è da apprezzare per l'audacia. Ma la cosa che mi ha colpito immediatamente è stato il linguaggio cinematografico. Che era il mio. Voglio dire, occidentale, americano... insomma la grammatica visiva che ci ha cresciuto a noi pasciuti al di qua della cortina di ferro e al di quà del Mediterraneo. C'è pure la sosia d i Sandra Bullock. Ho pensato ad una conseguenza del terrorismo, dell'Isis...  Quando poi la vicenda si infittisce ed il film prende le forme del "legal drama" lo spaesamento è ancora più forte. Il legal drama per me sta agli US come il tacchino del giorno del Ringraziamento e il Superbowl, un po' come la pizza, il mandolino e il melodramma stanno all'Italia.  Quindi, mi chiedevo, cosa sto guardando?  La storia, in breve, narra del litigio banale tra un palestinese immigrato ed un libanese conservatore.

Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh (2017)

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Mi è piaciuto. Per tante ragioni. Bravura degli attori. L’epica. La Musica. Tra quelle più nuove posso dire l’imprevedibilità : i cambi di tono tra i vari registri (ironico, grottesco, drammatico, violento) sono repentini e spiazzanti. Le fondamenta del film appoggiano, con scarsa stabilità, sulla polarità tra il bene e il male ma è presto chiaro che i nostri pregiudizi non ci avvicineranno alla soluzione. Il Male, quello opaco senza declinazioni, quello che stupra e brucia non lo vediamo se non sui tre manifesti. Perché forse solo li esiste, così monolitico. Anche il bene lo vediamo contaminato. Non è mai come dovrebbe essere. Però c’è. Ecco, credo di essermi portata a casa soprattutto questo. In fondo. La volontà un po’ secca di toglierci la sedia da sotto il sedere. Che non è mai piacevole di primo impatto, ma poi a me rende grata, se riconosco che è fatto con onestà.

Napoli Velata di Ferzan Ozpetek (2017)

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E con questo film faccio pace con Ozpetek. Per una volta non ho pensato che dietro la cinepresa ci fosse l’imitatore (meno visionario) di Almodovar. Merito sicuramente di una Napoli superbamente bella in cui la telecamera sembra volersi immergere fino al dettaglio dello scalino di marmo o dentro l’utero velato della farmacia degli incurabili; protagonista delle feste - con le voci fuori campo - delle assenze, e della storia. In più questa volta Ferzan guarda le donne e ne guarda tante: dalle arpie fumettose (Isabella Ferrari e Lina Sastri), alla dolente zia Adele (Anna Bonaiuto) un po’ la signora dei misteri (“la gente non sopporta troppa verità”), alla splendida Catena (Luisa Ranieri) che cuce il tessuto profondo della città - tra fattucchiere, numeri della smorfia e fatalismo - alla trama della storia, la commissario Maria Pia Calzone, forse un po’ troppo ‘CSI’ per Napoli, è quella che a me è piaciuta meno. Giovanna Mezzogiorno è la (brava) coprotagonista della cit

IT Stephen King

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It è un romanzo di formazione, in cui un gruppo di ragazzini incontra il Male assoluto. Il concatenarsi perfetto degli eventi che si susseguono nel libro acquistando potenza e profondità - grazie alla magistrale scrittura di S. King - è tradotto nel film con la velocità dei colpi di scena e parecchio si perde. Ma a suo merito il film lascia intatto il richiamo a quelle primissime sensazioni di inquietudine che accompagnano l'adolescenza, il corpo che cambia, il buio delle scale della cantina in cui ti avventuri da solo, il saggiare - per tentativi -audacia e spavalderia nei primi incontri faccia a faccia con il mondo o con la propria solitudine, l'amicizia come riparo e balsamo dalle paure più totali e destabilizzanti, la famiglia che ti lasci alle spalle. Il proprio primo dolorosissimo mettersi al mondo. Ecco, il film poi ad un certo punto vira in una versione horror dei Goonies e a quel punto realizzi che S.King è già uscito da un pezzo ma ti aspetta - ogni vo

Blade Runner 2049 - Denis Villeneuve

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Cosa è vero e cosa non lo è? Cosa definisce cosa è umano da ciò che non lo è? Dove si colloca la compassione? Il posto per il manifestarsi di un miracolo è nel vero o nel non-vero? Bellissimo omaggio al Blade Runner del 1982 che per quelli che hanno la mia età è un film dell'anima. Un omaggio innamorato che, a mio modestissimo parere, gli fa il tradimento peggiore: se il primo Blade Runner è diventato parte di come la mia generazione ha potuto guardare il mondo, questo film vuole essere una conferma e non ha la stessa dirompente portata visionaria. Come molto onestamente dice Villeneuve, è la stessa paletta di colori in mano ad un altro pittore. O forse è come dice K a Rick Deckart: "Era più semplice allora."

SO BLUE - LOUISE LECAVALIER

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"La sua danza non è bella,calcolata o analizzata (...), Lecavalier incendia. La sua intensità è contagiosa, uno tsunami per la nostra mente e il nostro spirito.," Che bell'autunno che mi regala un'altra grandissima danzatrice che da anni sognavo di vedere. Guardarla è come guardare il fuoco. Se penso al significato che la cultura Punk può avere per me, oggi, riferimenti musicali a parte , mi viene subito in mente lei è la sua unicissima cifra di movimento.

ROSAS DANST ROSAS - Anne Teresa De Keersmaeker

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Commovente. Intenso. La ripetitività che si contraddice continuamente. La geometria fortissima si, ma è quella del frattale. Quattro ballerine giovanissime e bravissime, che hanno riempito al massimo ogni gesto ogni milionesima volta. Aspettavo da anni di vedere Rosas. È davvero un inno alla bellezza.