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Dallas Buyers Club' (2013)

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Loro due, Matthew McConaughey e Jared Leto, sono mostruosi. Con una misura e una precisione credibili al 1000 per 1000. Un tempo credevo che agli attori venisse naturale ma oggi me la sono fatta una vaga idea di quanto sia difficile, stare lì, in un personaggio così, senza scappare da tutte le parti. Detto questo, il film prende un'angolazione non scontata. Quel corpo smagrito urla da solo così forte che la sceneggiatura non ha bisogno di raccontarne il dramma,e può sollevare lo sguardo su cosa sono stati quegli anni. Io non so che effetto può fare un film del genere a chi oggi ha 20-25... forse anche 30 anni. Per chi è già entrato negli anta e si ricorda gli anni '85-'87, l'AIDS è stata la peste innominabile che si è portata via prima del tempo amici e conoscenti, prosciugandoli dall'interno. È stato un terrore, un incubo, un dolore, un'impotenza, un sospetto. Un'ombra. Pesantissima. E negata. Guardare questo film per me è stato dif

TIMBUKTU' - Abderrahmane Sissako

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Un film bellissimo, per la fotografia, per la luce e soprattutto per quella emozione dolente, quella di un mondo poetico che, fino alla fine, non può rassegnarsi alla ferocia. Perché è un mondo bambino, intatto. E può solo immaginare che il divieto di giocare a palla sia uno scherzo, come tutto il resto. Indimenticabile per me l'uomo che si nasconde nella casa della pazza del villaggio, per farsi abitare dalla danza. Quella di un grosso, pesante, uccello che non può più spiccare il volo....

Vizio di Forma - Paul Thomas Anderson

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E più ci penso, più mi è piaciuto... Direi che Paul Thomas Anderson se ne frega del fatto che la complessità oggi penalizzi qualsiasi cosa (e questo già mi piace). Ti racconta una storia con una folla di personaggi, ti regala un affresco gigante di un'epoca, di quella cultura americana che ci ha allattato... Ci prova almeno, no? E secondo me ci riesce egregiamente. E poi mi piace molto l'idea del vizio di forma, o vizio intrinseco. La lettura è libera. Secondo me, il vizio di forma è il dolore (o incompiutezza), imprescindibile dalla natura umana e, pertanto, inevitabile.

Vocazione di Danio Manfredini

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Poi, quando riuscirò a metabolizzare l'onda emotiva che ho sentito alzarsi in quel teatro e il graffio che lascia la verità della sua presenza scenica, quando si scioglierà quel nodo in gola, scriverò dello spettacolo Vocazione di Danio Manfredini. Per ora solo gratitudine...

Antonio Rezza e Flavia Mastrella - Fotofinish e Fratto X

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Forse davvero la genialità sta nel fatto che vedere un suo spettacolo significa impazzire a poco a poco, come fa il protagonista di Fotofinish. Perché i primi dieci minuti ti chiedi dove sei e cosa ci stai facendo li e poi cominci a ridere e non smetti più e non sai neanche perché. E la meraviglia è che "impazzisci, si. Ma mai del tutto". E comunque, per chi volesse, ... fino ad aprile siamo emotivamente coperti.

Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

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Questo spettacolo mi ha "svegliato" da un torpore. Mi sono rimaste in testa, per giorni, certe immagini, come il pensiero a raggio corto, l'importanza di dire "no", il balbettamento che ciascuno di noi sperimenta quando cerca di esprimere qualcosa che abbia un peso diverso dal vociare quotidiano, di intrufolarsi in una via illuminata della parola per parlare - veramente - di dignità. Loro sul palco dicono che non ce l'hanno fatta a trovare delle azioni, che si sono fatti imprigionare - ancora - dalla parola e non sanno uscirne. Però alla fine le loro parole sono adamantine, trasparenti ed insieme macigni, che ti porti appresso all'uscita. Perchè quel peso ce l'abbiamo addosso, da non so quanto. L'azzeramento di una dimensione sociale e politica - come quella che viviamo sia noi che ci ricordiamo ancora qualcosa di diverso, sia quelli arrivati dopo di noi che non conoscono altro - è dolorosa. Un dolore a cui siamo assuefatti, a cui ci sia

Riflessioni post seminario con Danio Manfredini - 29-30 giugno 2013

Tutti abbiamo bisogno di evadere, di fuggire momentaneamente dalla realtà. Nessuno può essere sempre presente a sé stesso, forse solo gli eremiti ci riescono e anche per loro il dubbio resta. Anche l'esistenza più bella e ricca e positiva (esiste?) ha in sé qualcosa di insopportabile. Viviamo all'interno di sistemi di relazioni e per quanto la coltivazione del nostro orto sia buona, comunque la vita entra e scombussola tutto, comunque la vita può portare la tragedia in ogni momento così come è sempre pronta a rinascere anche dove sembrerebbe impossibile. E tutto questo è semplicemente insostenibile per la fragilità dell'essere umano. Ciascuno vivendo compila la lista delle proprie piccole private vie d'uscita, senza cercare assoluzioni.